Il Veneto è oggi una delle realtà economiche più dinamiche in Europa.
Tutto ciò non è sorto per caso ma ha le sue radici in una particolarità e continuità storica e geografica di questa terra che cercheremo in breve di illustrare.
La regione del Nord-est dell'Italia che si inoltra dal mare Adriatico fino allo spartiacque delle Alpi Orientali è il Veneto con il Friuli Venezia Giulia ad est ed il Trentino Alto Adige-Sud Tirolo ad Ovest.
Questa regione si trova in un punto strategico nell'Europa perché è sempre stato il punto di passaggio principale tra l'Area del Mediterraneo e l'Europa del Nord e dell'Est.
Abitata già nella preistoria (la mummia Otzi ritrovata qualche anno fa nei ghiacciai delle Alpi apparteneva alla cultura di Remedello), è nell'età del Bronzo (2° Millennio A.C.) che prima si insediarono gli Euganei, successivamente giunse il popolo dei Veneti di origine indoeuropea dalla lontana Paflagonia (attuale Turchia) dopo la distruzione di Troia, come ci racconta lo scittore latino-padovano Tito Livio. Di fatto questo mito è comprovato dallo stile orientaleggiante della loro attività artistica. Una parte di questo popolo si sparse in Europa (Polonia, Germania meridionale, Bretagna), una parte si fermò nell'attuale Veneto.
Era una popolazione essenzialmente pacifica, interessata più a mantenere buoni rapporti commerciali con i vicini che a fare guerre di conquista ma sempre pronti a difendersi da eventuali agressori, come ci raccontano le cronache antiche. A sud avevano gli Etruschi e colonie Greche, ad ovest i Celti a nord i Reti ed a est gli Illiri. Avevano una loro lingua e scrittura ed una forte religiosità. I loro numerosi santuari dedicati a varie divinità la principale Reitia, erano oltre che centri religiosi anche educativi. Abitavano principalmente lungo i fiumi in case di legno simili agli attuali casoni della laguna veneta. Si dedicavano all'agricoltura, alla pesca, all'artigianato al bronzo e particolarmente all'allevamento dei cavalli per i quali erano famosi nell'antichità. Il cavallo ed il colore azzurro erano i loro simboli. Furono i primi, già nel primo millennio A.C., a commercializzare l'ambra, allora ricercatissima, dai paesi baltici verso gli Etruschi ed i Greci, come ci racconta lo scrittore latino Plinio nella sua Storia Naturale.
Il centro principale era Este ai piedi dei colli Euganei, altri centri importanti erano Padova, Verona, Treviso, Altino, Montebelluna, Asolo e nalla valle del Piave Mel e Calalzo nel Cadore. Si ritiene fossero tutte città federate tra loro non essendoci pervenute notizie su re o Capi dominanti.
Tutto ciò fino all'arrivo della potenza conquistatrice di Roma verso il 200 A.C. con la quale per non farsi distruggere, i veneti antichi preferirono fare patti amichevoli. La regione fu presto latinizzata e sotto l'Imperatore Augusto entrò a far parte dell'Impero col nome Decima Regio Venetia et Istria. Ci fu un periodo prospero per circa 300 anni che favorì arti e commerci. Tito Livio e Catullo erano scrittori latini originari di Padova e Verona. Le città si ingradirono e cambiarono aspetto per i numerosi edifici in pietra. Altre sorsero tra le quali Aquileia nell'attuale Friuli, era seconda solo a Roma.
Con l'avvento del Cristianesimo questa città fu il principale centro di diffusione della nuova Religione nel nord ed est Europa. Caduto l'impero Romano nel 476 D.C., la regione fu invasa e saccheggiata da numerosi popoli barbari (Goti, Eruli, Unni e Longobardi). Le popolazioni delle città distrutte si rifugiarono sulle lagune costiere e lì fondarono nuovi centri (Chioggia, Caorle, Grado e Venezia) mentre il resto del territorio cadde sotto il dominio dei feudatari con pura economia di sussistenza. Venezia invece libera, iniziò la sua gloriosa avventura sul mare pur dovendo continuamente difendersi dagli attacchi dei Franchi, Slavi, Ungheri e persino Normanni. Già al tempo della prima Crociata (1100 D.C.) è con Genova sua rivale, una grande potenza marinara. Un fiorente commercio tra l'oriente (Costantinopoli, Egitto, Terra Santa) l'Italia ed il Nord Europa le assicurarono ricchezza e prestigio. Con il viaggiatore Marco Polo giunse per prima nella Cina e nell'Estremo Oriente. Più tardi i veneziani Giovanni e sebastiano Caboto esploreranno le coste del Nord e Sud America ed il vicentino Pigafetta accompagnerà Magellano nel giro del mondo. Nell'entroterra intanto le città si liberarono a poco a poco dal dominio feudale e si costituirono in liberi comuni ma sempre inlotta tra loro (Padova contro Treviso, Treviso contro Belluno, Verona contro Vicenza). Ne aprofittò Venezia che riuscì verso il 1400 a riunire sotto il suo dominio dopo 1000 anni nuovamente tutto l'antico territorio dell X Regio Romana.

Verso il 1500 Venezia era al massimo del suo splendore, la Nuova York dell'epoca e per questo continuamente attaccata dagli altri stati europei gelosi della sua potenza. Con la lega di Cambrai mezza Europa era in guerra contro Venezia che pur sconfitta riuscì a salvarsi. Inoltre doveva sostenere una continua lotta contro i Turchi dell'Impero Ottomano con i quali guerreggiava e commerciava contemporaneamente. Nella famosa battaglia di Lepanto dove la flotta cristiana distrusse definitivamente quella Turca, buona parte della navi erano veneziane. I secoli che seguirono fino al 1.800 furono secoli di pace e prosperità per tutta la Repubblica di San Marco.
Fiorirono in modo meraviglioso le arti in particolare la pittura della Scuola Veneta con Tiziano, Giorgione, Veronese, Canaletto, Tiepolo ed altri, l'architettura con il Longhena ed il Palladio creatore delle famose Ville Venete, la letteratura con Goldoni e Casanova, la scultura con Canova, la musica

con Vivaldi, Monteverdi, Tartini. Tutto ciò mentre la Serenissima Repubblica si avviava ad una lenta decadenza, fino all'arrivo di Napoleone che brutalmente pose fine alla millenaria Repubblica, la depredò e la cedette poi all'Austria.
Per circa 60 anni il Veneto fu sotto la dominazione austriaca non senza epiche rivolte. Memorabile la difesa di Venezia accerchiata e bombardata nel 1849, con Daniele Manin, israelita veneziano, a capo dei difensori ed il loro ultimo grido: "il colera infuria, il pane ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca". Dopo il 1866 il Veneto entrò a far parte del Regno d'Italia ma la grave crisi economica della fine dell'800 ed inizio '900 con le sucessive due guerre mondiali, la prima combattuta sul suo territorio
con conseguenti distruzioni e la seconda perduta con la rinuncia dell'Istria, portò nella regione, essenzialmente agricola, una forte depressione economica. Ciò fu la causa determinante della forte emigrazione che spinse tanti veneti a cercare migliore vita prima in Argentina, Brasile poi negli Stati Uniti, Canada, Australia ed altri paesi Europei, dove con la caratteristica laboriosità che li contraddistingue, si sono fatti onore.
Solo a partire dagli anni '60 la terra veneta è ritornata nuovamente a rivivere.
Grazie alle nuove aperture commerciali a livello europeo e mondiale, all'operosità della sua gente, al dinamismo dei nuovi capitani d'industria principalmente nei settori della meccanica, del legno e dei mobili, delle calzature, dell'abbigliamento dell'orificeria, degli occhiali e nel settore dell'agricoltura e dei vini, il Veneto è ritornato ad essere quello che è sempre stato da 3000 anni: un ponte tra l'Europa Mediterranea ed il resto dell'Europa e gli altri continenti.
Lunga vita allora al Cavallo Azzurro ed al Vecchio Leone alato di S. Marco.




Bibliografia:
"Storia e leggenda dei Veneti dalle origini alla romanizzazione"
Tipografia Editrice Trevigiana





Storia Veneta - Venezia e Veneto


Prima parte

Venezia e le altre città della laguna veneta, Grado, Caorle, Torcello, Chioggia si formarono attorno a preesistenti piccoli insediamenti di pescatori che l'esodo delle popolazioni di terraferma sotto la minaccia delle invasioni barbariche andò ad ingrossare. Da Aquileia si formò Grado, da Concordia, Altino e Oderzo, Caorle ed Eraclea, da Treviso e Padova, Venezia e Chioggia. In questi nuclei abitativi tra le lagune inospitali che pur li difendevano dai barbari, la vita era dura e la gente semplice ma operosa come ci riferisce Cassiodoro,viveva come uccelli palustri, cibandosi principalmente di pesce e dei prodotti ricavati da piccoli lembi di terra e con il commercio del sale.
Dopo la caduta dell' Impero Romano di Occidente nel 476 d.C, i Goti prima , i Vandali, gli Unni, i Longobardi e alla fine i Franchi, avevano occupato tutta la terraferma esclusa la frangia lagunare dove crearono i loro regni, un sistema feudale con duchi, conti , castelli, la popolazione asservita e leggi e cultura di matrice nordico-germanica.
Le isole della laguna invece rimanevano sotto l'influenza e la giurisdizione nominale dell' Esarcato di Ravenna, ultimo lembo in Italia della sovranità dell' Impero Romano d' Oriente che continuava a Bisanzio, ed eleggevano all' inizio i loro tribuni e magistrati liberamente secondo la tradizionale legislazione romana, in seguito accettarono il principio dell' autorità unica come difensore del bene comune, il dux-doge coadiuvato dai maggiorenti. Già nel 538 il generale bizantino Narsete, nella lunga guerra contro i Goti che tante rovine provocarono all' Italia, chiese l'aiuto della flottiglie lagunari per il trasporto di truppe e rifornimenti .Nel 568 ci fu l'invasione dei Longobardi, popolo di origine scandinava proveniente dalla regione danubiana. Nuovi profughi arrivarono nelle isole dall' entroterra portando con loro anche le reliquie dei Santi. Nel frattempo la flotta lagunare andava aumentando anche per far fronte agli attacchi dei corsari provenienti dalla vicina Dalmazia, e nel 730 fu inviata in aiuto ai Bizantini per liberare Ravenna occupata da Liutprando re dei Longobardi.Ma l'autorità bizantina seppure nominale era stretta per gli isolani che cercavano un po' alla volta di allentarla. Quando i Longobardi riconquistarono nuovamente Ravenna ponendo fine all' Esarcato, i Lagunari non senza aspre dispute, elessero il loro primo dux-doge, che la tradizione ci tramanda essere stato un cittadino di Eraclea, Paoluccio Anafesta. Il papa, preoccupato per l'avanzata dei Longobardi che rapidamente avevano formato un solido regno in tutta Italia, chiamò in sua difesa i Franchi che scesi in Italia con Carlomagno, posero fine nel 774al regno Longobardo. Ora lo scontro era tra Bizanzio ed i Franchi e Pipino figlio di Carlomagno non tardò a cercare di occupare le isole ma, dopo aver distrutto Chioggia, fu sconfitto e fermato dalla flotta Veneziana ad Albiola nell' anno 809. Con la pace di Aquisgrana nel 812 fu riconosciuta a Venezia la sovranità sulla frangia lagunare, un tratto di terraferma lungo il corso del Sile, il suo storico legame con Bisanzio e la libertà di commercio per i Veneziani in tutto l'Impero occidentale.
E' in questo periodo che la sede politica del Ducato viene trasferita da Malamocco a Rialto, centro più sicuro.
Ma i Franchi ripresero i tentativi di inglobare nell' impero l'area lagunare con una congiura contro il doge poi fallita,
e con il concilio di Mantova per trasferire al Patriarcato di Aquileia vicino all' Imperatore il Patriarcato di Grado dal quale dipendeva Venezia. Fu allora che due commercianti veneziani riuscirono a trafugare le reliquie di San Marco da Alessandria d'Egitto occupata dagli Arabi portandole a Venezia riunendo di fatto questo simbolo massimo dell' Autorità religiosa con quella politica del Doge. Il doge Giustiniano nell' anno 828 iniziò la costruzione della Chiesa e da allora la Città e la sua potenza si sarebbero sempre identificati con il simbolo dell' Evangelista: il Leone con il Vangelo. La situazione interna continuava ad essere turbolenta a causa di congiure contro il Doge mentre all' esterno c'era sempre la minaccia dei pirati slavi -croati che il doge Giovanni riuscì però a neutralizzare portando il loro capo Miroslavo alla religione cristiana. Negli anni successivi una nuova grave minaccia si profilava. Gli Arabi avevano conquistato la Sicilia e cominciavano ad occupare le città della Calabria e della Puglia minacciando le navi commerciali di Venezia. Una flotta veneto-bizantina fu sconfitta nelle acque di Taranto, mentre a nord pirati slavi distrussero Caorle. Dopo che l'ottimo doge Tradonico fu assassinato da fazioni rivali, un nuovo doge Orso riuscì a battere i pirati slavi che devastavano le coste dell' Istria e con l'aiuto di una flotta bizantina e franca riuscì a battere gli Arabi e liberare la città di Bari. In questo periodo sorsero dure dispute con il Papa per la nomina dei Vescovi che il doge esigeva di suo gradimento e per il controllo della città di Comacchio. Nel frattempo in Europa si sfaldava l'impero Carolingio e tutta una serie di gerre fudali ne indebolirono le difese. Ne approfittarono gli Ungheri che dalla Pannonia si riversarono con devastanti scorrerie sul Nord Italia le cui città furono saccheggiate. Tentarono anche di attaccare la laguna riuscendo ad occupare Chioggia, ma poco pratici delle acque lagunari, furono fermati e distrutti ad Albiola nel 903. E' in questo periodo durante la Festa delle Marie quando 12 fanciulle povere andavano al matrimonio vestite nel modo più sfarzoso alla presenza del Doge che un gruppo di pirati triestini riuscì a rapire le ragazze ed il ricco botti, liberate poi a Caorle dal rapido intervento dei Veneziani. Frattanto prosperavano i commerci con l'Oriente grazie al legame speciale che Venezia aveva con Bisanzio, ma una fazione favorevole all' imperatore Ottone I che aveva preso il controllo del Sacro Romano Impero di Carlomagno, portò a congiurare contro il doge Candiano IV che fu fatto uscire dal palazzo ducale incendiandolo e con questo l'attigua Chiesa di San Marco e poi massacrato con il figlio. Salì al potere ducale Orseolo II che per porre fine alle incursioni dei pirati croati, con una grossa flotta mosse incontro a loro e li sconfisse sottomettendo al dominio di Venezia tutta la costa della Dalmazia.Era l'anno 998 il giorno dell' Ascensione che verrà da allora ricordato con il simbolico sposalizio del Doge con il mare. Nel 1003 la flotta di Orseolo salpò alla volta di Bari assediata dai Saraceni e riuscì a liberarla. Ormai la potenza di Venezia si faceva sentire e sia l'Imperatore di Occidente che quello d' Oriente vedevano favorevolmente questa ascesa per contenere l'avanzata araba. Ma la troppa potenza della famiglia Orseolo non piaceva ai Veneziani che odiavano le dinastie e costrinsero i suoi menbri all' esilio. Nel 1042 fu eletto Domenico Contarini che iniziò la costruzione della nuova Basilica di S. Marco nelle forme che oggi ammiriamo. Un nuovo pericolo veniva dall' Adriatico Meridionale. I Normanni originari dalla Scandinavia, occupata l'Inghilterra e una parte della Francia, vinti gli Arabi conquistarono la Sicilia e poi rapidamente la Calabria e la Puglia nonchè le coste dell' Epiro e dell' Albania possesso di Bisanzio non nascondendo l'ambizione di arrivare a Costantinopoli. I Veneziani cercarono di reagire ma furono duramente sconfitti a Corfù con migliaia di morti e prigionieri. Si narra che questi ultimi fedeli a Venezia, rifiutarono di entrare nelle milizie normanne e furono tutti torturati e massacrati. Il nuovo Doge Vitale Falier presi opportuni accordi con l' Imperatore d'Oriente e previa promessa di privilegi e garanzie per i Veneziani, decise di unire le forze e riuscì a Butrinto a sconfiggere la flotta normanna di Roberto il Guiscardo nal 1085 ponendo fine alla sua espansione verso oriente. Ma una nuova grave minaccia si profilava per Bisanzio: l'avanzata dei Turchi dalle steppe dell' Asia centrale era ormai un pericolo. L'imperatore chiese aiuto al Papa Urbano II che per liberare i Luoghi Santi già occupati indisse la prima Crociata alla quale parteciparono i più insigni esponenti della nobiltà feudale europea e Genova e Pisa con le loro navi. In un primo tempo per non compromettere i suoi interessi nella zona, Venezia si tenne da parte ma quando si avvide che i Crociati con le navi genovesi avevano nel 1099 conquistato Gerusalemme e altre città, per non essere tagliata fuori, allestì una grossa flotta che per dare aiuto al Crociati alla conquista dell' ultima poderosa piazzaforte di Tiro nel Libano meridionale. Ma nell' Adriatico settentrionale gli Ungheri si fecero nuovamente minacciosi cercando di sottrarre a Venezia le coste della Dalmazia. Nel 1116 nella difesa e perdita della città di Zara trovò la morte combattendo valorosamente il Doge Ordelafo Faliero. Con il Doge Domenico Morosini ci fu un periodo positivo per Venezia avendo il nuovo Imperatore d'Occidente Federico nel 1152 riconfermato tutti i privilegi per Venezia: Fu firmata anche la pace con i Normanni che avevano ripreso le azioni di disturbo e concesso la protezione alla città di Fano minacciata dalle vicine Pesaro e Rimini. Con il successore Vitale Michiel II fu sconfitto il potente Patriarca di Aquileia Ulrico che con i feudatari friulani tentò di sottrarre la diocesi di Grado a Venezia., obbligandolo a consegnare per scherno ogni anno un toro e 12 porci per la festa del giovedì grasso. Ma con Bisanzio le cose si mettevano male perchè l'imperatore Manuele Comneno cominciò ad ostacolare il commercio dei Veneziani a favore dei tei temibili concorrenti Genovesi e quando il quartiere Genovese venne distrutto da un incendio, incolpò i Veneziani e ne incarcerò 10,000.
Venezia mosse la sua flotta ma dovette ritirarsi a causa di un' epidemia che falcidiò i marinai. Nel frattempo era sceso in Italia Federico Barbarossa per riprendere il controllo dei liberi Comuni lombardi che si erano resi indipendenti dall' autorità Imperiale. La Lega alla quale aderirono anche alcune città Venete, la stessa Venezia e il Papa, riuscì a vanificare i tentativi dell' Imperatore che fu costretto alla pace. Nel 1177 a Venezia, con l'impegno del Doge Ziani ci fu lo storico incontro durante in quale Federico I si inginocchiò pubblicamente davanti ad Alessandro III , questi lo perdonò e gli tolse la scomunica. Questo avvenimento accrebbe la fama di Venezia ed il suo prestigio in ambito europeo.
In Oriente però i Saraceni con a capo il valoroso Saladino iniziarono a riconquistare Gerusalemme e le città dei Luoghi Santi occupate con la prima Crociata dai Crociati. per cui il nuovo Papa Gregorio VIII indisse nel 1197 una nuova crociata. Si presero accordi con Venezia per il trasporto delle truppe al prezzo di 84.000 marche d'argento ma alla partenza i Crociati erano meno del previsto e a stento racimolarono 50.000 marche. Allora i Veneziani per compensare la differenza, suggerirono a Bonifacio di Monferrato capo spedizione, di aiutarli a conquistare Zara in mano agli Ungheri. La città fu assalita e saccheggiata ma i Veneziani vennero scomunicati dal Papa per aver preso le armi contro dei Cristani. Giunse nel frattempo un invito da parte del Re di Germania Filippo di Svevia figlio del Barbarossa di aiutare Alessio figlio del genero Isacco, Imperatore bizantino deposto da un usurpatore,a riconquistare il regno di Costantinopoli con la promessa di riunire la Chiesa Orientale con quella Occidentale. Il Papa era perplesso ma viste le buone intenzioni, approvò.Così la flotta salpò alla volta di Costantinopoli che difesa da imponenti mura, da novecento anni non era caduta in mani nemiche. L'attacco fu rapido e ben organizzato e la città fu in breve occupata dai Crociati, Alessio fu rimesso sul trono e proclamò la riunificazione delle Chiese. Dopo la conquista i Crociati volevano proseguire per la Terrasanta ma Alessio per consolidare la sua posizione, con l'approvazione dei Veneziani, chiese loro di rimanere per l'inverno non considerando le spese gravose per il mantenimento dell' esercito e della flotta. Ben presto le casse divennero vuote e si dovettero a fondere oggetti artistici e sacri nonchè aumentare le tasse per mantenere le truppe, finchè scoppiò una rivolta contro i Crociati, non tollerando la città un simile giogo e Alessio, principale responsabile di quella situazione, fu ucciso.
L'esercito Crociato ed i Veneziani, assalirono allora nuovamente la città e particolarmente i Franchi si diedero per tre giorni a saccheggi e massacri della popolazione inerme. Profanarono Chiese e oggetti sacri , rubarono le reliquie della Croce,saccheggiarono Santa Sofia, violarono monache, vergini e sposate, vendettero fanciulli perfino ai Mussulmani, più di 1000 templi bruciarono e dettero l' inizio della fine di quella spendità città che era l'antica capitale del Cesari d'Oriente , erede di Roma, e da sempre legata a Venezia da vincoli culturali e commerciali. Era l'Aprile del 1204 e non fu opera di Barbari ma di Crociati che professavano la stessa fede in Gesù dei Greci-Bizantini. Il mondo ne fu inorridito. In quella terribile razzia furono asportati e portati a Venezia i 4 cavalli dorati che adornano oggi la Basilica di San Marco. Enrico Dandolo, il Doge settantenne che guidava i Veneziani potè gustarsi quet' amara vittoria che fu una pagina nera nella storia di Venezia. Deposto l'Imperatore fu creato un Regno Latino d'Oriente con a capo Baldovino di Fiandra e Patriarca il Veneziano Tommaso Morosini. L' Impero fu diviso tra Crociati e Veneziani i quali ebbero isole e porti sicuri sulle rotte dell' Oriente. Ma Genovesi e Pisani che avevano ottimi rapporti commerciali con Bisanzio non potevano stare a vedere e lo scontro con i Veneziani si aprì subito per il possesso dell' isola di Creta che alla fine rimase in mani veneziane La vita dell' Impero Latino d'Oriente non fu facile poichè alla resistenza bizantina dell' Imperatore deposto si unì l'esercito bulgaro che occupata l'antica Tracia , l'odierna Bulgaria, sconfisse e fece strage di Franchi e Veneziani ad Adrianopoli dove morì lo stesso capo dei Crociati e l'ultranovantenne Enrico Dandolo. Minacciando per ben tre volte la stessa Costantinopoli, furono alla fine sconfitti dalla flotta veneziana condotta da Giovanni Michiel. Sempre in Oriente, nella Terrasanta, Veneziani e Genovesi erano al massimo della tensione per il controllo della citta di Acri, cosa che portò presto allo scontro aperto. La flotta genovese fu duramente sconfitta e la città di Acri conquistata dai Veneziani che distrussero il ricco quartiere genovese. A ricordo della vittoria furono trasportate a Venezia tre colonne di marmo istoriato che oggi si possono ammirare nell' angolo sud-ovest della Basilica Marciana. Ma la partita con i Genovesi era solo all' inizio. Il nuovo imperatore greco bizantino in esilio a Nicea si stava organizzando anche con l'aiuto dei Genovesi e cominciò a rioccupare i territori del suo ex-impero, riuscendo nel 1261 con un colpo di mano ad occupare anche Costantinopoli. I Latini -Occidentali furono costretti ad una precipitosa fuga e a stento si salvarono su 30 galee veneziane ma nel viaggio verso occidente molti perirono per mancanza di cibo ed acqua. Così finì tragicamente il sogno veneziano di un Impero Latino Orientale.

Seconda parte

La politica veneziana nel 1200 era prettamente marittima e solo marginalmente interessata all' entroterra veneto verso il quale aveva mantenuto un atteggiamento estraneo. L' incremento continuo delle attività e dei commerci portò però Venezia a considerare l'uso dei fiumi Brenta, Bacchiglione, Sile, per il trasporto dei suoi prodotti. Ma nel frattenmpo una potente famiglia feudale, gli Ezzelini, eliminati tutti gli altri signori feudali e spalleggiato dall' Imperatore Germanico Federico II , aveva occupato le città di Treviso, Padova, Vicenza e Verona fortificandole e ciò non poteva essere che una minaccia per Venezia. Treviso, con un podestà veneziano, fu occupata dal fratello di Ezzelino III, Alberico che instaurò una tirannia attirandosi l'odio della gente. Quanto Ezzelino III che aveva l'intento di conquistare Milano, fu sconfitto e morì a Cassano d'Adda, Alberico lasciò la poco sicura Treviso e si rifugiò nel suo castello di San Zenone dove fu stretto d'assedio dalla Lega a cui partecipavano con la benedizione della Chiesa le città venete e Venezia e alla fine costretto alla resa alla quale seguì l'orrendo macello di tutta la sua famiglia.
Era il giorno 25 Agosto 1260 giorno di San Bortolomeo.
E' nella seconda metà del 1200 che iniziò il viaggio dei Polo verso la Cina a quel tempo dominata dal Gran Khan Mongolo che aveva occupato anche la Persia e parte dei territori mussulmani d'Oriente. Tutti questi territori dal Mediterraneo alla Cina sotto un' unica autorità, permisero a Polo di effettuare il viaggio verso quel paese ignoto.
Le memorie di Marco Polo raccolte nel Milione, furono dettate a Rustichello da Pisa in carcere a Genova dopo che, ritornato dalla Cina, fu fatto prigioniero dai Genovesi nella disastrosa sconfitta subita da Venezia nel 1298 a Curzola.
Dopo la sconfitta di Curzola e la scomunica del Papa alla città per aver occupato la città di Ferrara che era sotto la giurisdizione papale, il doge Gradenigo divenne l'uomo più odiato di Venezia ma una congiura contro lo stesso fallì
e l'immedita conseguenza di portata storica per un maggior controllo della città, fu la creazione del Consiglio dei Dieci che doveva coadiuvare il Doge nelle decisioni.
La scomunica papale pesava sulla città perché oltre a colpire il sentimento religioso era un disastro economico:
non si potevano celebrare funzioni sacre, matrimoni, funerali, far testamento, prestare giuramento in giudizio, i cittadini erano esentati dall' obbligo di fedeltà al Doge, erano interdetti tutti i commerci con gli altri paesi cristiani. Dopo 5 anni era un cappio al collo che il nuovo Doge Giovanni Soranzo voleva levarsi e che alla fine il Papa Clemente V tolse, previo ritiro dalla città di Ferrara e l'esborso della somma enorme di 90.000 fiorini d'oro. Così le anime dei Veneziani ed i loro commerci erano salvi. Anche nell' entroterra veneto le cose si mettevano male per i Veneziani in quanto Cangrande della Scala, signore di Verona, dopo aver conquistato Feltre e Belluno e tolto Padova e Vicenza ai Carraresi e preso Treviso, aveva cominciato ad ostacolare i transiti veneziani sulla terraferma. Si creò una Lega con Venezia, i Gonzaga, gli Estensi ed i Visconti di Milano per fermare gli Scaligeri e Venezia, con l'aiuto del deposto Signore di Padova da Carrara, riuscì ad occupare la città. Si venne alla pace nal 1339 e Venezia ottenne il controllo del Trevigiano e libero accesso al Padovano. La città con 120.000 abitanti era la terza d'Europa dopo Napoli e Parigi ed i suoi commerci si ramificavano in tutto il continente fino alla lontana Inghilterra. Nel 1342 Edoardo III re d' Inghilterra era impegnato nella lunga e disastrosa guerra dei 100 anni con il re di Francia e, a corto di navi, pensò bene di chiedere 40 galee in affitto alla Serenissima che però diplomaticamente rifiutò, sia per non inimicarsi il re di Francia sia perchè i Turchi stavano occupando sempre più territori dell' impero Bizantino. Contro questo ormai chiaro pericolo si formò una Lega tra il Papa, Bisanzio, Cipro, Rodi e Venezia e la flotta con Pietro Zeno riuscì a rioccupare alcune città dell' Anatolia tra cui Smirne dove però per un improvviso attacco turco, trovò la morte. Il 1346 vide l'assedio e la conquista della città di Zara che sia i sovrani Ungheresi sia Venezia volevano a tutti i costi. Nel 1355 ci fu un tentativo di golpe dello stesso doge Marin Falier contro l'aristocrazia sempre più potente e altezzosa ma scoperto, fu decapitato. In quell' anno nella continua lotta contro Genova, 56 navi veneziane furono catturate e 450 marinai prigionieri passati a fil di spada.Nel 1363 ci fu una grossa rivolta contro il governo centrale, degli abitanti e dei coloni veneziani dell' isola di Candia per il peso eccessivo delle tasse che fu stroncata con continue e sanguinose repressioni. Nel 1364 il Doge eletto Andrea Contarini, per un triste presagiò rifiutò il potere ma alla fine pena l'esilio, vi fu costretto. Iniziò con una guerra contro l'allora piccola cittadina di Trieste che venne presa per fame, a Padova Francesco da Carrara complottava contro Venezia, infine a Cipro Veneziani e Genovesi venivano alle mani. Padova addirittura stava organizzando un micidiale fronte antiveneziano con il re d'Ungheria, il duca d'Austria che voleva il Trevigiano ed i Genovesi, il cui esercito nei primi scontri, sconfisse i Veneziani. Per salvare la situazione questi ultimi furono costretti ad assoldare 5.000 feroci mercenari turchi che nella battaglia di Piove di Sacco riuscirono a battere Ungheresi e Padovani. Il Da Carrara dovette accettare pesantissime condizioni e mandare suo figlio Francesco, accompagnato all' occasione dal Petrarca,a Venezia per chiede perdono al Doge. In Oriente frattanto i Turchi aveva occupato la Tracia ed erano vicini a Costantinopoli, ma l'imperatore Giovanni V Paleologo non aveva più soldi per pagare le truppe. Una sua richiesta d'aiuto all' Occidente cadde nel vuoto anzi, durante la sua visita a Venezia, fu messo in carcere per insolvenza.. I Genovesi in Oriente ormai spadroneggiavano e si sentirono tanto sicuri da portare lo scontro con Venezia nell' alto Adriatico, alle porte di casa, dove al largo di Pola, sconfissero la flotta veneziana il cui comandante vittor Pisani al ritorno a Venezia,pur ferito, fu incarcerato. La città si trovò in una gravissima emergenza e tutta la popolazione fu chiamata ad uno sforzo enorme per la difesa. La flotta genovese intanto devastate Caorle, Grado e Pellestrina puntava su Malamocco mentre in terraferma il da Carrara di Padova riprendeva le armi contro Venezia con 5000 Ungheresi conquistando Treviso e Mestre. Il 16 Agosto la flotta genovese al comando di Pietro Doria era al largo di Chioggia che dopo 10 giorni di assedio fu occupata e saccheggiata. Venezia era ormai in una morsa e nel grave pericolo la città richiese a gran voce la liberazione di Vittor Pisani, l'unico comandante in grado di apprestare le estreme difese, mentre si attendeva l'arrivo dell' altra flotta veneziana d'Oriente con a capo Carlo Zeno della quale non si avevano però notizie. Il doge Contarini, memore della sinistra profezia avuta a suo tempo, chiese ai Genovesi la pace che però rigettarono al motto " metteremo le briglie ai cavalli sfrenati che avete nella Chiesa di S. Marco". Con uno sforzo enorme si costruirono nell' Arsenale 40 galee, fu costruito un muro di difesa al Lido, messe palizzate attraverso i canali e, per ostacolare i Genovesi fermi a Chioggia , si riuscì ad ostruire con delle barche piene di pietrisco affondate il canale d'uscita principale. I Genovesi che avevano perso inspiegabilmente giorni preziosi, si trovarono intrappolati a Chioggia e quando finalmente si avvistarone all' orrizzonte il 1 gennaio del 1380 le vele di Carlo Zeno un ex sacerdote, divenuto mercenario e pirata per conto di Venezia, le parti si invertirono. I Genovesi furono stretti d'assedio a Chioggia dai Veneziani dove lo stesso Pietro Doria moriva in battaglia e pure Carlo Zeno fu trafitto al collo da una freccia ma pirata dalle 7 vite, sopravvisse. Il 24 giugno ridotti alla fame i Genovesi si arresero ed il doge Contarini rientrò trionfante a Venezia con le navi cattuare e bel 4500 prigionieri in un tripudio di folla che con gioia incontenibile festeggiava questa insperata e definitiva vittoria su Genova .Fu firmata la pace a Torino ma Venezia dovette cedere Treviso al duca d'Austria e la Dalmazia agli Ungheri, mantenendo tutti i suoi porti lagunari. Furono liberati i prigionieri genovesi ridotti a larve umane e solo la compassione delle donne veneziane che diede loro cibo e vestiario, sottrasse loro alla morte. La città si riebbe rapidamente dai danni della guerra ed ebbe una straordinaria ripresa.
Genova al contrario non si riebbe più dalla sconfitta e l'orgogliosa città conobbe presto il dominio dei Francesi e dei Visconti. Morto il doge Andrea Contarini salvatore della patria, fu eletto Michele Morosini, buon politico, diventato ricchissimo durante la guerra con le speculazioni immobiliari: comprava a prezzo stracciato le case di chi non poteva sottoscrivere il prestito forzoso di guerra del governo che doveva svendere per avere i denari, poi rivendendo a guerra finita al prezzo quadruplicato, ma la peste lo portò via presto. Fu un periodi di grandi sconvolgimenti sociali: molte famiglie andarono in miseria, altre divennero improvvisamente ricche ma il governo della Repubblica rimase ben solido ed autoritario. Fu eletto Antonio Venier uomo duro ed intransigente che non si lasciò intenerire dal figlio morente in prigione,condannato per aver questi ingiuriato un Nobile veneziano.Nel 1384 a soli 3 anni dalla pace di Torino, il da Carrara di Padova riprendeva la sua attività antiveneziana. Acquistò dal duca d'Austria il Trevigiano ed il Bellunese e si riprese il Polesine. In quel periodo una nuova Famiglia diventava sempre più potente, i Visconti di Milano che si stavano espandendo a sud verso Bologna e Firenze e verso Est. Fu inevitabile per Venezia allearsi con i Visconti per combattere i vicini da Carrara e con l'aiuto dei Milanesi riuscirono a recuperare il Trevigiano, il Feltrino ed il Bellunese.Vicenza si diede spontaneamente ai Veneziani che occuparono anche Verona. I Visconti ,alleati dei Veneziani, avevano occupato frattanto Padova e catturato Novello da Carrara ma rappresentavano una nuova pericolosa minaccia per la Serenissima che tramando riuscì a liberare il da Carrara e lo aiutò a riprendere la città, ma anziché essere riconoscente, questi continuò la sua azione contro Venezia. Assediati dai Veneziani, i da Carrara ostinati oltremisura, non accettarono le pur generose offerte di pace e infine catturati furoni imprigionati a Venezia e per porre fine alla questione, strangolati in carcere.Così dopo 900 anni i discendenti dei primi profughi di quella stessa terra, ritornarono nella città di origine.
Venezia era al massimo della potenza e dello splendore. Ma in Oriente erano già iniziate le schermaglie con i Turchi
e quando questi ultimi tentarono con l'inganno di impadronirsi della flotta Veneziana comandata da Loredan si arrivò ad un vero scontro navale che vide i Veneziani vittoriosi. Il 31 luglio del 1416 il Sultano siglava la pace ma la lotta contro i Turchi per Venezia e la stessa Europa sarebbe stata molto lunga. Il 6 maggio 1418 quasi novantenne moriva quasi dimenticato Carlo Zeno. L'eroe che aveva combattuto tutta la vita per Venezia e l'aveva salvata dai Genovesi era stato spietatamente condannato ad un anno di prigione per aver ricevuto dai da Carrara 400 ducati per un prestito non dichiarato. Scontata la pena, partì per la Terrasanta a combattere i Genovesi non per Venezia ma per il re di Cipro.
Ma quando morto, sul suo corpo si contarono ben 35 ferite il popolo reclamò per lui i funerali di stato con la presenza del Doge. Nella terraferma la città di Milano continuava ad occupare città dell' Italia settentrionale e centrale compresa Genova.Venezia prese finalmente la decisione di fermare questo strapotere e le sue truppe al comando del conte di Carmagnola, capitano di ventura prima al servizio dei Visconti, riuscì a batterli a Maclodio ed occupare il territorio di Brescia e bergamo. Ma l'atteggiamento un po' equivoco del Carmagnola insospettì la Serenissima che pensò ad un'intesa col vecchio padrone. Con l' inganno lo convocarono a Venezia e quì imprigionato, torturato e processato fu alla fine decapitato tra le 2 colonne della piazza. La guerra contro i Visconti continuava con altri Capitani di Ventura tra i quali il Gattamelata che ha un monumento nella piazza del Santo a Padova e Francesco Sforza anche lui precedentemente al servizio dei Visconti.Tra cambi di alleanze, Genova cosa incredibile e lo stesso Imperatore Sigismondo erano con Venezia e un' alternanza di vittorie e sconfitte la guerra si protraeva con grande dispendio di energie. Memorabile fu l'assedio di Brescia che assediata dai Milanesi comandati dal Piccinino, riuscì con uno sforzo sovrumano al quale parteciparono anche le donne guidate da Brigida Avogadro, a resistere per più di un anno senza ricevere rifornimenti, flagellata dalla peste. In quell' occasione per portare aiuto alla città i Veneziani trasportarono alcune navi trascinate da 2000 buoi su rulli attraverso i monti dall' Adige fino al lago di Garda dove però furono subito bloccate dai Milanesi nel porto di Torbole. Solo quando i Visconti attaccarono la stessa Verona in mano veneziana la faccenda si sboccò perché con un contrattacco riuscirono a battere i Milanesi . Francesco Sforza, uno dei capitani delle milizie veneziane che in precedenza aveva sposato Maria, figlia del Visconti, arrivò fino alle mura di Milano ed il suocero non sapendo come salvarsi, promise di nominarlo suo erede, cosa che fece alla morte poco tempo dopo. Lo Sforza si trovò così capo delle milizie milanesi e non perse tempo ad andare contro i Veneziani che furono duramente sconfitti a Caravaggio nel 1448.
Parevano concretizzarsi le parole del vecchio Doge Mocenigo prima di morire: Veneziani state sul mare e lasciate perdere la terra. Ma la prima metà del 400 non fu per i Veneziani solo un periodo di guerre ma anche un fiorire di nuove creazioni architettoniche quali Cà Foscari, Cà d' Oro, Palazzo Corner, dove in una sintesi meravigliosa il gusto orientale si fondeva con il gotico occidentale e nella pittura si gettavano le basi con Jacopo Bellini della grande pittura veneta.
In quel periodo in Oriente ormai dominato dai Turchi, l'isola di Cipro era l'unico regno cristiano governato da più di 300 anni dai Lusignano antica famiglia di crociati francesi. Nel 1468 il re Giacomo II sotto l'influenza del veneziano Marco Corner sposò l'affascinante figlia di questi, Caterina. Ma il destino era contro di Lei perché dopo appena un anno il re morì per un' insolazione, lasciando sul trono la Regina ed il figlio nascituro che i Veneziani dovevano proteggere. Ma i nobili dell' isola mal sopportando la presenza veneziana, in una congiura ammazzarono i consiglieri ed i parenti veneziani di Lei. Pure il figlioletto di un anno poco dopo morì. I Veneziani allora cercarono di prendere sotto controllo la situazione in un modo pesante anche per la Regina che per liberarsi, parve ad un certo punto acconsentire al matrimonio con Alfonso di Napoli, nemico di Venezia. Era un rischio che la Serenissima non poteva permettersi e tanto fece affinché la Regina rinunciasse al regno cosa che alla fine fece non senza riluttanza. Lasciò l'isola e tornò a Venezia dove fu accolta con grandi onori e festeggiamenti dandole in cambio per consolazione come feudo personale la cittadina di Asolo, dove si ritirò circondata da una piccola ma raffinata corte di letterati e poeti tra cui il famoso Pietro Bembo.
Pur caduta Costantinopoli nel 1453 in mano a Maometto II che così pose fine all' antico Impero Romano d'Oriente, Venezia continuò la sua grande stagione politica, commerciale ed artistica e cercò di concludere con il Sultano nuovi favorevoli accordi commerciali in un quadro ai primi tempi amichevole. Continuando però le conquiste di Maometto II che aveva occupato la Grecia, la Bosnia minacciando la Dalmazia e quando le armate turche si apprestarono ad occupare il possedimento veneziano di Negroponte, l'antica Eubea, Venezia con una flotta inferiore, da sola, dovette sostenerne l'urto dal momento che le altre potenze europee se ne disinteressavano. La flotta veneziana , al comando dell' indeciso Niccolò Canal, non riuscì a rompere l'assedio dei Turchi che conquistata la citta, massacrarono la popolazione.
Si racconta che Paolo Erizzo uno dei rettori, che non voleva essere decapitato, fu segato a metà tra due tavole.
Il Canal all' arrivo a Venezia fu processato e condannato per codardia. Il continuo impegno bellico stava portando la città alla bancarotta e la caduta di Negroponte un abbattimento morale. Finalmente il Papato , il Regno di Napoli ed il Gran Maestro di Rodi si accorsero del grave pericolo e accettarono di formare una flotta che riuscì a conquistare alcune città turche in Anatolia tra cui Smirne ma senza risultati di fondo. Anzi i Turchi attaccarono l'Albania difesa dall' eroe nazionale albanese Giorgio Castrota Scanderberg e nel 1474 posero l'assedio a Scutari , possedimento veneziano.
La città difesa da soli 2500 uomini con l'aiuto della popolazione resistette e riuscì a mettere in rotta i Turchi che lasciarono sul terreno 3000 uomini. Pur facendo proposte di pace che i Veneziani accettarono, Maometto continuava ad occupare basi veneziani, addirittura alcune bande di Turchi avevano invaso il Friuli, portando morte e distruzione tanto che dalla sommità del campanile di S. Marco si vedevano i fumi degli incendi. Il Sultano poi con 300.000 uomini e tredici cannoni assediò nuovamente Scutari che riuscì a respingere tre potenti assalti tanto che anche questa volta pur infuriato, Maometto II dovette rimandare la conquista. Venezia si rendeva ben conto che da sola non poteva sostenere l'urto turco e chiese la pace a condizioni capestro sia per i possedimenti che per i commerci. Tuttavia i rapporti tra Venezia ed il Sultano si mantenevano quasi amichevoli tanto che a sua richiesta, fu inviato a Costantinopoli Gentile Bellini figlio di Jacopo per fare il ritratto del Sultano che, oltre ad essere un feroce guerriero, era anche un raffinato uomo di cultura ma non per questo tralasciava di conquistare nuove città tra le quali Otranto in Puglia vendendo schiave in Oriente tutte le donne della città. Il Papa, il Re di Napoli ed altri Re cristiani d' Europa gridarono al tradimento perché Venezia non intervenne con la sua flotta ma si guardarono bene dare il loro aiuto, anzi ormai gli stati italiani erano in aperta ostilità con Venezia che mandò la flotta a conquistare,dopo strenua difesa, la città di Gallipoli in Puglia possedimento del Re di Napoli.
La fine del 400 e l'inizio del 500 fu l'epoca delle grandi esplorazioni atlantiche. Dopo Colombo che nel 1492 sbarcò in America Centrale, Giovanni Caboto per conto del re Inglese Enrico VII scoprì Terranova dove accanto alla bandiera inglese piantò anche la bandiera di S. Marco, suo figlio Sebastiano esplorò la baia di Hudson e poi per conto del re di Spagna le terre del Rio della Plata in Argentina cercando inutilmente i paesi dell' oro, Nicola de Conti da Chioggia navigò nei mari dell' Indonesia e Cylon e Cadamosto per conto del re del Portogallo costeggiò le coste inesplorate dell' Africa Occidentale. Il fatto che un genovese, Cristoforo Colombo, un toscano Amerigi Vespucci, ed i veneziani Caboto fossero al servizio di potenze marittime atlantiche era un segno che i tempi erano mutati e che il Mediterraneo ormai sotto il controllo dei Turchi, perdeva la sua importanza. Si apriva l'epoca delle potenze atlantiche.
I Turchi infatti continuavano indisturbati a saccheggiare le coste dalmate spingendosi fino in Istria ed una flotta al comando di Antonio Grimani non sortì alcun esito anzi perse l'isola di Lepanto. Tradotto in catene a Venezia fu processato e condannato all' esilio. Solo 10 anni dopo venne riabilitato ed eletto addirittura Doge.
Nel 1498 moriva in Francia Carlo VIII che già era sceso in Italia reclamando il regno di Napoli e a succedergli fu
Luigi XII duca d'Orleans che con pretese dinastiche, scese in Italia per occupare il ducato di Milano. Venezia frattanto aveva occupato alcune città della Romagna i cui signori locali avevano chiesta la sua protezione contro Cesare Borgia figlio del Papa Alessandro VI, ma il nuovo Papa Giulio II più gerriero che santo, non accettò questo predominio veneziano su terre considerate da sempre feudo della Chiesa. Cercò allora alleati stranieri per contrapporsi a Venezia e li trovò nel re di Francia Luigi XII che voleva annettersi le città di Bergamo e Brescia e nell' Imperatore d'Austria Massimiliano che voleva il Friuli e l'Istria. Il 10 dicembre 1508 a Cambrai fu sancito un trattato al quale aderì anche la Spagna per avere i porti pugliesi, I Savoia ed i duchi di Mantova e di Ferrara, per mettere fine alla Repubblica Veneta. Nell' imminenza della guerra una violenta esplosione all' Arsenale privò la Serenissima di una buona scorta di esplosivo e Venezia, trovandosi sola contro mezza Europa, tentò la via diplomatica ma inutilmente.
I Francesi attraversarono l'Adda che era confine tra lo stato di Milano e quello Veneto ed a causa di un mancato coordinamento tra i due capitani veneziani, Bartolomeo d'Aviano e Niccolò Orsini, sconfissero le truppe veneziane ad Agnadello e dilagarono nei territori della Repubblica. Dal nord scendeva contemporaneamente l'Imperatore Massimiliano e molte città tra cui Verona, Vicenza, Padova, Cittadella, Rovereto per evitare il peggio si consegnarono all' Imperatore. La città di Feltre che resistette fu incendiata ed i primogeniti delle famiglie più in vista passati a fil di spada. Dal sud il duca di Ferrara si riprendeva il Polesine, Rovigo ed Este ed il Papa i territori di Romagna. Venezia era in una morsa senza scampo. Tra tanto sbandamento alcuni però rimasero fedeli: il Friuli e la città di Treviso che si preparò a resistere alle truppe nemiche incitata anche dall' ambasciatore d'Ungheria preoccupato dalla potenza austriaca e da un certo Marco, pellicciaio cremonese. Anche Padova dopo un mese di occupazione imperiale si ribellò, cacciò la guarnigione tedesca e con l'aiuto dei veneziani si preparò alla difesa rinforzando le mura. Un mese dopo, ricevuti rinforzi, Massimiliano con ben 106 pezzi d'artigliaeria e 40.000 uomini mise l'assedio alla città. Per due settimane le artiglierie francesi e tedesche martellarono le mura di Padova che miracolosamente seppure a pezzi non crollarono e non cedette nemmeno il morale dei difensori. Vista l'inutilità degli attacchi , l'Imperatore dopo 15 giorni tolse l'assedio e si ritirò oltralpe. Da Padova Niccolò Orsini artefice della difesa, passò a Vicenza e alle altre città che ben presto ritornarono sotto il Leone. La guerra continuò con cambio di alleanze che vedeva Venezia ora alleata dei Francesi contro il Papato aiutato dagli Spagnoli comandati da Ramon de Cardona che dopo aver saccheggiato e incendiato Mestre e Marghera, inflisse una sanguinosa sconfitta presso Schio alle truppe veneziane del D' Aviano.
I Francesi s'erano frattanto ritirati e Venezia si trovò di nuovo sola. In questi tragici frangenti la città di Crema nonostante decimata da una pestilenza, continuò a resistere all' assedio delle truppe Pontificie e degli Spagnoli.
In una sortita il capitano della città Da Ceri riuscì anzi a rompere l'assedio ed a liberare anche Bergamo. Morto il papa guerriero Giulio II fu eletto Leone X che pur di indole pacifica, era intenzionato a mantenere il controllo della Chiesa sulle città di Parma e Piacenza. In Francia a Luigi XII succedeva Francesco I che in qualità di duca di Milano scese in Italia con 50.000 cavalieri e 60.000 fanti al comando di La Palisse per prenderne possesso. Venezia ancora alleata dei Francesi, cercò di unire il suo esercito a quello più potente dei Francesi contro Spagnoli, Milanesi ,Papalini e Svizzeri. Questi ultimi furono massacrati dai Francesi nella dura battaglia di Marignano e quando le due forze si riunirono ottennero una vittoria completa. Gli Svizzeri da quella data 1517 si ritirano dallo scenario europeo e rimasero da allora neutrali tra i loro monti. Dopo 8 anni di contese sanguinose con i più forti eserciti europei a devastare il Nord Italia, si arrivò al trattato di Noyon col quale Francia e Spagna si divisero la penisola ma Venezia riuscì a mantenere i suoi territori ante guerra. Il 18 febbraio 1517 fu finalmente con sollievo di tutti stipulata la pace.

Terza parte

Mentre tutto questo succedeva nella penisola, i Turchi procedevano indisturbati in Oriente nella loro inesorabile espansione. Nel 1499 Venezia aveva perso nel Peloponneso i due porti di Modone e Crotone detti " gli occhi delle Repubblica ". Nel 1521 Solimano detto in seguito per le sue conquiste il Magnifico, poneva l'assedio a Belgrado ultimo baluardo contro i Turchi nei Balcani. L'anno dopo conquistò dopo una disperata resistenza l'isola di Rodi retta dai Cavalieri di S. Giovanni. Tutto questo mentre in Italia si scontravano nuovamente Francesco I, il Papato e l'Imperatore cattolico spagnolo Carlo V che mise ad orribile saccheggio la città di Roma ed il Papa ora alleato dei Francesi, traeva gli amari frutti della sua irresponsabile politica, Venezia si tenne saggiamente fuori dalla disputa. Impegnate le potenze europee a scannarsi tra loro, Solimano attaccò l'isola di Corfù veneziana dal 1386 che riuscì a resistere ed i navigli veneziani nel Mediterraneo orientale. Venezia fu nuovamente costretta a chiedere la pace ed oltre a pagare 300.000 ducati d'oro, a cedere la città di Napoli in Romania la cui popolazione si rifugiò profuga a Venezia. Il 1500 fu per Venezia un secolo paradossale poiché da un lato la crisi avanzava inesorabile, dall' altro fu il secolo splendente della Serenissima che brillava con Pietro Bembo, l'Aretino, Domenico Venier nella letteratura, con il Veronese, il Tintoretto, il Tiziano nella pittura, con il Palladio ed il Sansovino nell' architettura. Accanto alla committenza privata quali il palazzo Corner detta Ca' Grande ed il palazzo Manin, ci sono quelle pubbliche della Biblioteca e della Zecca curate dal Sansovino e tutto ciò dava a Venezia un volto opulento e cosmopolita creando il secolo d'oro della Repubblica, pur in piena crisi economica. La situazione finanziaria era disastrosa sia per i costi delle continue guerre sia per la quantità dei debiti di privati verso il governo ormai inesigibili. L'amministrazione che da sempre era efficente si stava inceppando e la crisi finanziaria portava con sè anche i germi della crisi morale, ma non per questo mancavano le continue feste e le cerimonie sontuose. Venezia prima di tutto aveva bisogno di rassicurare sé stessa. Pur avendo firmata la pace con i Turchi e pagato 300.000 ducati d' oro a Solimano, questi continuava ad occupare nuovi territori nell' indifferenza delle altre potenze europee, tentando, ma non riuscendo, la conquista di Malta. Anche Cipro, possedimento veneziano, fu investito dalla potente flotta di Selim II, successore di Solimano, riaprendo nuovamente le ostilità belliche tra Venezia ed i Turchi. Con un rinnovato sforzo bellico Venezia allestì una flotta di 144 navi al comando di Girolamo Zane che insieme ad una flotta spagnola al comando del genovese Andrea Doria dovevano liberare Cipro. Ma l'astio del Doria contro i Veneziani e la perdita di mesi preziosi condusse al fallimento dell' operazione e la capitale dell' isola Nicosia dopo strenua difesa, fu occupata e saccheggiata orribilmente dai Turchi, disonorando le promesse di far salva la popolazione. Gli uomini furono massacrati e le donne mandate schiave in Anatolia. Tanto era triste e vergognosa la sorte che attendeva queste sventurate che durante il tragitto , una nobildonna veneziana Bellisandra Maraviglia, sorella di Giovanni segretario del senato veneziano, riuscì pur di non arrivare a destinazione, a far saltare la santabarbara della nave e di altre due che colarono a picco con tutto il loro carico umano. Si salvarono solo 6 turchi. Dopo aver occupato Nicosia i Turchi volevano occupare il resto dell' isola di Cipro. La flotta veneziana che era rimasta inattiva a Creta per i contrasti col Doria, inferiore di numero a quella turca, preferì ritornare a Venezia lasciando Cipro al suo triste destino. Restava ai Turchi con a capo il feroce Mustafà e 200.000 soldati la conquista della cittadella superfortificata di Famagosta difesa da 10.000 uomini al comando del perugino Astorre Baglioni e di Marco Antonio Bragadin. All' intimazione di resa accompagnata dalla testa mozzata di Niccolò Dandolo difensore di Nicosia, la risposta fu difesa ad oltranza. Per otto mesi le armate turche cercarono senza risultato di penetrare le difese della cittadella. I Turchi bombardarono per 3 giorni consecutivi le mura che tutta la popolazione con abnegazione continuava a riparare, ma ormai le munizioni ed i viveri scarseggiavano, le malattie infierivano ed i rifornimenti non arrivavano. Non sapevano che la flotta aveva preso la via del ritorno pur ricevendo in una fortunata sortita viveri e 1400 soldati italiani di rinforzo. Anche i Turchi avevano ricevuto di rinforzo 100 galee e 50.000 soldati freschi pronti a combattere fino alla morte .Iniziava la fase più drammatica della resistenza. I Turchi avevano piazzato una grossa quantità di esplosivo su un punto delle fortificazioni ed il potente scoppio aprì una breccia sulle mura,dove si lanciarono subito i soldati ottomani, ma la resistenza degli uomini di Bragadin aiutati dalle donne fu così accanita che i turchi dovettero ritirarsi. Niente e nessuno ormai poteva però mutare l'orribile destino della città. Dopo quasi un anno di assedio, privi ormai di speranza, i due capitani decisero per la resa, sperando di evitare alla popolazioni stragi e distruzioni e così fu stipulato un accordo sottoscritto da Mustafà in persona. Ma quando i due comandanti si recarono al campo nemico per consegnate le chiavi della città, l'odio ed il rancore di Mustafà fino allora ben dissimulato esplose alla presenza dei due eroi e, dopo aver tagliato personalmente al Bragadin un orecchio, l'altro ed il naso, lo fece rinchiudere in prigione per 15 giorni in modo che le ferite andassero in cancrena. Frattanto ben 350 teste vennero accatastate davanti alla sua tenda e la città sottoposta al solito orribile saccheggio. Il Bragadin fu poi tratto da prigione e fatto correre sulle mura con sacchi di pietre sulle spalle, poi legato ad una panca ed issato a mo' di scherno sul pennone più alto della nave ammiraglia, infine portato sulla piazza di Famagosta, legato ad una colonna e scorticato vivo. Dopo morto il suo capo fu decapitato e issato su una forca, il corpo fatto a pezzi e la pelle imbottita di paglia a mo' di fantoccio fatto girare sopra una vacca per la città sbigottita da tanto inutile scempio. I resti del povero Bragadin furono finalmente posti in una cassa e recapitati al bailo veneziano di Istanbul ed ora riposano nella Chiesa di SS. Giovanni e Paolo a Venezia. La caduta dell' intera isola di Cipro in mano ai Turchi e l'orribile morte di Bragadin scossero gli animi dei regnanti europei ed una accordo congiunto tra Spagna, Venezia, e Papa PioV diede corso ad una Sacra Allenza con a capo Giovanni d'Austria, fratellastro del Re di Spagna, che si proponeva di eliminare la minaccia turca. Il 6 ottobre 1571 i Turchi lasciarono il porto di Lepanto nel golfo di Patrasso e si mossero con 202 galee contro le 171 galee della flotta cristiana delle quali 53 veneziane erano al comando di Antonio Barbarigo. Le prime navi attaccate furono quelle veneziane che supportate da alcune galeazze con potenti cannoni procurarono ampi vuoti nella flotta ottomana pur rimanendo lostesso Barbarigo ferito ed il suo vice Marco Contarini ucciso. Al centro dello schieramento la nave ammiraglia di Giovanni d'Austria agganciò l'ammiraglia di Alì Pascià e ci furono da entrambe le parti feroci arrembaggi degli equipaggi ma quando lo stesso Alì Pascià cadde colpito da una cannonata, i Turchi si sbandarono e pur continuando la battaglia per tutta la giornata con a capo Ulugh Alì, alla fine furono completamente sconfitti con 113 navi affondate e 117 catturate contro le 13 navi cristiane. Le perdite umane per entrambe le parti furono alte con 15.000 caduti cristiani contro 30.000 turchi e 8000 prigionieri. Inoltre la Lega ebbe la soddisfazione di liberare 15.000 schiavi cristiani nelle galee turche e recuperare un bottino ingente che solo nella nave ammiraglia ammontava a ben 150.000 zecchini d'oro. Evidentemente Alì Pascià era sicuro di vincere.L' avanzata turca almeno sul mare era per il momento fermata e Venezia esultante, festeggiò la vittoria con una processione di ringraziamento che da allora si ripetè il 7 ottobre di ogni anno. Morto Pio V l'alleanza tra Spagna e Venezia di per sé già problematica, si allentò e si perse una buona occasione di distruggere completamente la flotta turca intrappolata a Navarino, rifiutando la Spagna di intervenire.. A Venezia non rimase che rifare un nuovo trattato di pace con i Turchi sempre minacciosi attirandosi le sdegnate reazioni delle nazioni europee che però stavano solo a guardare. Venezia rinunciò a Cipro e si impregnò a pagare ben 300.000 ducati per non essere impedita nei suoi commerci. In Europa il nuovo Re di Francia Enrico III responsabile dell' eccidio degli Ugonotti e sempre più antispagnolo, ebbe l'occasione e l'invito di visitare Venezia che gli riservò un' accoglienza fastosa. In quest' occasione il sovrano non disdegnò di far visita alla più famosa cortigiana veneziana Veronica Franco della quale conservò un ritratto e di incontrare nel suo studio Tiziano Vecellio il pittore dei Potenti con il quale si intrattenne amabilmente.Venezia in quell' occasione ebbe modo di manifestare all' importante ospite tutto il suo spendore prima che il suo volto pochi mesi dopo, venisse devastato da un implacabile ed invincibile nemico, la peste. Era questo un flagello che si era già abbattuto sulla città , ma quella del 1576 fu di una intensità spaventosa anche perché inizialmente venne o per ignoranza o opportunismo sottovalutata. Migliaia di persone attaccate dal morbo furono confinate nei lazzaretti dove tra i miasmi ed i fumi delle cose bruciate si formò la città dei moribondi La pestilenza imperversò per più di un anno e fece 50.000 vittime tra le quali il figlio e lo stesso Tiziano. Quando la città uscì finalmente da questo incubo, fece erigere per ringraziamento la splendida Chiesa del Redentore affidata all' arte del Palladio. Da allora ogni anno la terza domenica di luglio il Doge e tutta la cittadinanza si recava con un ponte di barche al Redentore alla Giudecca per ricordare la fine di quella calamità, data che viene tuttora magnificamente festeggiata in laguna. Nel 1577 fu eletto Doge Sebastiano Venier che era il comandante veneziano a Lepanto. Erano passati 6 anni da quella vittoria del quale era orgogliosissimo ma al momento del suo insediamento accolse con benevolenza una rappresentanza dei commercianti turchi di Venezia venuta a porgergli i loro omaggi.
Durante il suo dogado ci fu purtroppo un disastroso incendio del Palazzo Ducale che distrusse tutti i capolavori del Bellini, del Gurianto, del Tiziano, del Tintoretto e del Veronese che adornavano splendidamente il palazzo.
Con la fine del 1500 nuovi problemi sorsero per Venezia con il Papa in campo questa volta religioso. Da sempre Venezia fu tollerante con tutti i credi, ebrei, mussulmani, ortodossi, protestanti, dato il carattere di città si fece sentire anche a Venezia dove venivano pubblicati libri che altrove erano proibili dalla Chiesa. Non solo la Repubblica
non aveva mandato a Roma dal Papa il nuovo Patriarca Francesco Vendramin per la conferma della nomina , ma il governo teneva in carcere due preti veneziani accusati di frode ed omicidio, soggetti alla sola giurisdizione ecclesiastica.
Il Papa Paolo V furioso lanciò alla città l'interdetto che il Doge Leonardo Donà respinse obbligando il clero veneziano a continuare nelle sue funzioni, riconoscendo la sola Autorità della " Divina Maestà". Prima Veneziani , poi Cristiani. Per il Doge era il Papa che sbagliava non riconoscendo i sacrosanti diritti della Repubblica confortato in questo dalle tesi di fra Paolo Sarpi ,un intelligente religioso veneziano che confutò parola per parola le ragioni accampate dal Papa al fine di tenere ben distinte le questioni celesti da quelle temporali. Citato davanti al tribunale dell' Inquisizione non si presentò ma venne pugnalato da sicari papalini che lasciatolo per morto, riuscì però a salvarsi.Venezia non cedette alle pressioni del Papa e dopo un anno con la mediazione della Francia, Paolo V ritirò l'interdetto che fu anche l'ultimo: per la Serenissima era una vittoria politica e morale. Ma con la Spagna alleata della Chiesa che ormai dominava tutta l'Italia escluso il Regno Sabaudo e la Repubblica Veneta, i conti all' inizio del 1600 erano sempre aperti. La potente nazione , pur di porre fine alla Serenissima, non esitò ad ordire una grossa congiura tramite il suo ambasciatore a Venezia, fortunatamente scoperta in tempo e neutralizzata. Venezia era ancora salva. In conseguenza di ciò le misure di sicurezza furono intensificate e ne furono vittime anche persone innocenti tra le quali il senatore Antonio Foscarini, accusato da una denuncia anonima di tramare con agenti stranieri contro la Repubblica, condannato e giustiziato, salvo poi risultare innocente.
Nell' Italia settentrionale frattanto in seguito a problemi di successione nel ducato di Mantova alla morte di Vincenzo II Gonzaga, si riaccesero le rivalità tra Spagna e Francia e pur di non avere gli Spagnoli ai confini, Venezia si schierò con la Francia ed inviò alla città aiuti ed uomini. Ma dopo una durissima sconfitta a Valeggio sul Mincio ed un assedio di circa 10 mesi la bella e colta Mantova fu conquistata e sottoposta ad un orribile saccheggio da parte delle truppe imperiali tedesche alleate degli Spagnoli che portano in città la peste che si propagò presto in tutto il nord, Venezia compresa. Questa ondata micidiale come la precedente, provocò 46.500 vittime nella sola città e 35.000 nelle isole riducendo la popolazione a 102.000 abitanti, il minimo storico. Anche questa volta i Veneziani fecero voto di costruire una basilica alla Madonna della Salute, all' inizio del Canal Grande, opera affidata alla maestria di Baldassarre Longhena.
A metà del 1600 i Turchi si fecero nuovamente pericolosi e con la scusa di porre termine agli attacchi subiti dai Cavalieri di Malta, sbarcarono sull' isola di Candia, veneziana dal 1211. Ancora una volta Venezia doveva sostenere principalmente da sola una nuova guerra pur con qualche aiuto da parte del Papa, della Spagna e della Francia.
Le casse dello stato erano però più vuote che piene per cui il governo dovette per rimpinguarle mettere all' asta titoli nobiliari assai ambiti e chiedere l'aiuto dei privati. Lo stesso Patriarca Giovan Francesco Morosini offrì dei beni personali e rinunciò alle rendite di sua spettanza. Ma a guidare questa nuova spedizione non c'era l'uomo giusto ed un' azione portata avanti fiaccamente consentì ai Turchi di conquistare a Candia l'isola fortezza di S. Teodoro il cui difensore, Biagio Zuliani, preferì, facendo saltare il deposito munizioni, perire con tutta la famiglia e gli ultini 75 difensori piuttosto di cadere in mano nemiche. Finalmente fu nominato capo della flotta Battista Grimani ,valente comandante che riuscì in un piccolo scontro a catturare Meemet Agà fratello del vicerè di Algeri. Ulteriori duri scontri per contrastare i movimenti turchi attorno all' isola di Candia avvennero nelle acque greche con i Veneziani spesso vittoriosi. Ci furono battaglie anche in Dalmazia dove con una brillante operazione, Leonardo Foscolo riprese la città fortificata di Clissa battendo sul campo un contingente turco di 5000 soldati. Questa persistente guerriglia durò per 20 anni finché il 10 luglio 1651 la flotta veneziana al largo dell' isola di Parros sconfisse pesantemente quella turca..Nel 1654 Giuseppe Dolfin con 16 navi, due galeazze e otto galee per impedire i rifornimenti turchi , tentò di bloccare lo stretto dei Dardanelli, ma circondati da ben 64 galee nemiche e 24 navi ,riuscì ad evitare un disastro puntando con la sua nave pur danneggiata verso l'Ammiraglia turca e conquistarla dopo un durissimo arrembaggio. Ma ben maggiore fu la vittoria sempre sullo stretto dei Dardanelli il 30 Agosto 1656 quando la flotta veneziana sgominò la flotta turca che perse 45 galee, migliaia di soldati e furono liberati 5.000 schiavi cristiani, vittoria che al ritorno a Venezia del comandante Lazzaro Mocenigo fu degnamente festeggiata. L'anno seguente l'intrepido Mocenigo salpava nuovamente alla volta dei Dardanelli per affrontare nuovamente la flotta nemica nel frattempo rinforzata con 33 galee e 22 navi più molti legni minori, però le pessime condizioni del mare spazzato da un forte vento che impediva le manovre, non permise alla flotta veneziana di ottenere un chiara vittoria. Dopo 3 giorni di combattimenti riuscirono a distruggere o catturare alcune navi nemiche ma i Veneziani persero il loro comandate colpito alla testa dall' albero della nave, tranciato da una cannonata sparata da terra.
Intanto a Candia i Turchi intenzionati ad occupare tutta l'isola, posero assedio alla città di Candia che ben fortificata e difesa da Leonardo Mocenigo con 10.000 uomini, resistette ai primi furiosi assalti dei nemici. Un aiuto venne infine anche dalla Francia che mandò 4.000 soldati e dall' Imperatore tedesco con 2000 ma, rifiutando di ricevere ordini dal comandante veneziano., non furono determinanti. Il 22 maggio 1667 un eccezionale esercito turco si schierò sotto le mura della città con ben 55 grossi cannoni e 11 mortai pesanti che furono concentrati su punti precisi delle fortificazioni. Dopo 20 anni d'assedio fiacco giungeva l'ora decisiva con a capo il Gran Visir in persona. In 6 mesi ben 32 furono gli assalti condotti invanamente contro la città dove, aiutati dalla popolazione e dalle donne, si riparavano in continuazione i danni alle mura prodotti dai cannoni nemici. La cosa si faceva lunga anche per il Gran Visir che decise di scrivere al capitano Francesco Morosini proponendo una resa onorevole cosa che il Morosini rifiutò sdegnosamente. Più della convenienza ormai si trattava del prestigio di Venezia .Alla fine del 1669 l'assedio di Candia continuava e finalmente anche l'Europa capì che bisognava portare aiuto a Venezia. Luigi XIV re di Francia autorizzò un gruppo di 500 volontari in massima parte aristocratici in cerca di gloria che nel campo di battaglia si gettarono coraggiosamente contro i Turchi ottenendo però risultati minimi. Solo nel 1668 Venezia aveva perso 5340 uomini, 586 ufficiali e 2400 fra guastatori e remiganti e sostenuto un costo per 4.500.000 ducati. Nel 1669 continuava lo stillicidio delle perdite tra le quali ci fu anche Caterino Cornaro valente comandante della difesa veneziana. Il suo corpo fu solennemente tumulato nella Chiesa del Santo a Padova. Nuovi rinforzi francesi guidati dal duca di Noailles attaccarono decisamente i Turchi in campo aperto lasciando sul terreno 500 morti ma anche stavolta non ci furono risultati ed il comandante francese, vista la situazione priva di speranza, pur implorato di restare, fece ritorno in patria seguito dalle navi pontificie, da quelle imperiali e da quelle dei Cavalieri di Malta. Il Leone di S. Marco restava nuovamente solo con una guarnigione di 3.500 uomini ed una popolazione meno che dimezzata. I Turchi accortisi della situazione critica, sferrarono un ennesimo violento attacco contro le difese che disperatamente ancora resistettero. Ma Francesco Morosini, considerato ormai inutile proseguire, decise di chiedere la resa al Gran Visir che dopo un' iniziale tensione, la accordò. I Veneziani e chi lo desiderava dovevano entro 12 giorni lasciare la città con il loro averi e così dopo 465 anni di permanenza e 22 anni di assedio, il 26 settembre 1669 su 14 galee i veneziani lasciarono per sempre l'isola. Forte fu l'eco in Europa della perdita dell' ultimo possedimento nell' Egeo per Venezia che aveva anche perso a causa di tutte queste guerre il monopolio del commercio con l' Oriente. Tuttavia l'abilità del vecchio Doge Domenico Contarini riuscì in 15 anni a riportare Venezia alla tranquillità ed ad un buon livello di vita che non mancò di produrre i suoi frutti anche nella cultura. E' di questo periodo la fama di una intelligente nobildonna veneziana Elena Cornaro Piscopia che fu la prima donna al mondo nel 1678 a prendere la laurea in filosofia, allora esclusivo privilegio maschile, all' università di Padova dove tuttora una statua la ricorda. Il ricordo di Creta era ancora vivo, quando i Turchi nel 1684 chiamati dagli Ungheresi che si erano ribellati all' Imperatore Leopoldo, giunsero con un potente esercito alle porte di Vienna nel cuore dell' Europa. Ora tutte le potenze che prima negavano aiuto a Venezia, sotto questo pericolo mortale richiesero l'intervento della Serenissima.
Venezia alla fine decise per l'intervento ed a Francesco Morosini l' ultimo difensore di Candia, che al ritorno in patria era stato però prima processato per tradimento e poi assolto, fu dato il comando della flotta. In breve occupò alcune isole di controllo nell'' Adriatico meridionale e poi pose l'assedio a Corone persa 200 anni prima. Al momento della tregua alcuni parlamentari veneziani vennero colpiti da un colpo di cannone , ciò fece infuriare gli assedianti che si diedero principalmente gli imperiali ad un orribile massacro dei cittadini. Conquistata Corone il Morosini in sintonia con le truppe di terra comandate da Otto von Konigsmark uno svedese assoldato dalla repubblica, intraprese l'occupazione di tutta la Morea e dell' importante città di Napoli di Romania oltre alle città di Lepanto, Patrasso ed infine Atene. L'antica e spendida città era ornai da secoli in una triste decadenza e delle glorie passate esisteva solo il ricordo. Fu durante l'assedio di Atene che da una nave veneziana partì un colpo di cannone che raggiunse il Partenone dove i Turchi avevano il deposito di munizioni. La grande esplosione che ne conseguì deturpò per sempre quello che era il simbolo della civiltà occidentale. Non contento il Morosini dopo la conquista volle recuperare i cavalli del carro di Atena dal frontone del tempio che andarono però in mille pezzi. Così lo scempio di quel vetusto monumento si era miseramente compiuto.Da Atene, galvanizzato , Morosini puntò su Negroponte ma più del nemico fece una terribile pestilenza che falcidiò i soldati compreso il comandante svedese che alla fine si ammutinarono.
Pur con questa disfatta, al ritorno, a Francesco Morosini furono fatte accoglienze trionfali, fu eletto Doge e ricevette da Papa Alessandro VIII un veneziano i massimi onori quale difensore della Cristianità. Ma benché 74enne il mar Egeo richiedeva ancora la sua presenza dove purtroppo per malattia morì nel gennaio del 1694. Fu messo al comando Antonio Zen che pur scontrandosi duramente con i Turchi, lasciò nelle loro mani l'isola di Scio conquistata sei mesi prima. Tradotto in ceppi a Venezia fu processato per codardia e morì in prigione. Dopo di lui Alessandro Molin ottenne alcuni successi prendendo il controllo di parte dell' Egeo. Un altro comandante Jacopo Cornaro aiutato dal cavaliere Dolfin dopo mesi di schermaglie impegnò a Metellino la flotta turca riportando una parziale vittoria.
I Turchi furono nel frattempo sconfitti dal re di Polonia ma alla conseguente pace di Karlowitz il 13 novembre 1698 a Venezia venne riconosciuta solo la Morea e qualche altro piccolo possedimento. Atene ritornò al Sultano.
Agli inizi del 1700 sorsero in Europa problemi dinastici al trono di Spagna che videro contrapposti l'Imperatore e la Francia. ma da questa disputa Venezia si tenne prudentemente fuori e solo dopo 4 anni di guerra si arrivò alla pace di Utrech. Di questa occasione ne approfittò il Sultano intenzionato a riprendersi la Morea e mosse guerra a Venezia che non reagendo tempestivamente , perse nel 1715 i territori conquistati dal Morosini. I Turchi con 30.000 uomini misero l'assedio anche a Corfù ben difesa dal capitano tedesco Johan Von der Schulenburg al servizio della Serenissima, che in una improvvisa sortita con 800 uomini scelti, riuscì a mettere in fuga il nemico che fu costretto a togliere l'assedio. Un improvviso e furioso tempoprale che allagò il campo turco ed affondò parecchie loro navi completò la vittoria, ben ricompensata da Venezia con 5000 ducati ed una spada d'oro allo Schulenburg. Nella primavera dell' anno dopo Venezia aveva allestita una nuova flotta di 27 navi che,al comando di Ludovico Flangini, si portò ai Dardanelli . Dopo aver atteso il vento favorevole la flotta turca attaccò una battaglia durissima ma alcune delle loro navi furono affondate e l'Ammiraglia stessa gravemente danneggiata. Nella battaglia il Flangini venne colpito ma pur moribondo volle restare nel cassero a dirigere le ultime fasi del vittorioso scontro. Vewnezia perdeva con lui l'ultimo eroe. La flotta nemica fu ancora sconfitta a Matapan da Andrea Pisani ed in Dalmazia da Alvise Mocenigo, mentre sul fronte terrestre l'armata della Lega capitanata da Eugenio di Savoia riuscì a riconquistare Belgrado. Il Sultano fu così costretto a chiedere la pace e nel 1718 col trattato di Passarowitz fu posta fine all' espansione mussulmana in Europa. Venezia ottenne però ben poco, non riottenne la Morea ma solo alcune piccole isole e naturalmente Corfù dove però come in un sinistro presagio,un fulmine penetrato nel deposito munizioni, fece saltare il castello. Caduto lo spauracchio turco Venezia si trovo spiazzata venendo a mancare quella tensione che comportava la lotta e non le restarono che i gloriosi ricordi e la cultura. Anche i traffici avevano preso le rotte del Nord Europa dove i galeoni erano molto più capaci e veloci delle tradizionali galee veneziane. Il Settecento pur per la Serenissima il secolo della fine, fu anche un periodo di massima cultura con Tiepolo, Canaletto, Guardi, Longhi nella pittura, Vivaldi, Benedetto Marcello, Albinoni , Tartini, nella musica, Casanova e Goldoni nella letteratura e nel teatro. La lingua veneziana era usata non solo nei documenti ufficiali della Repubblica ma anche nei trattati internazionali e, come lo zecchino d'oro era la moneta franca in Europa, la lingua veneziana era la lingua franca nei commerci e in displomazia se lo stesso ambasciatore veneziano parlava con il Gran Visir in veneziano, quello che è l'inglese oggi.
Un nuovo attrito sorse in quegli anni tra Venezia ed il Papa Benedetto XIV che per compiacere l'Imperatrice d'Austria Maria Teresa aveva deciso di dividere dopo 1200 anni il Patriarcato di Aquilea che da sempre era sotto l' influenza veneziana in due arcivescovadi veneziano ed austriaco. Venezia rigettò questa proposta ma alla fine dovette accettare questo diktat : non poteva più alzare tanto la voce. Tuttavia per ritorsione tolse con un editto tutti i privilegi , le indungenze, le dispense che i Veneziani avrebbero chiesto e ottenuto previo pagamento dal Papa. Inoltre chiuse 127 monasteri e conventi vendendone le proprietà ricavandone la bella somma di 3 milioni di ducati dei quali il governo aveva assolutamente bisogno. Con l'elezione del nuovo Papa Clemente XIII veneziano i dissidi si appianarono presto e portò serenità tra i due Stati tanto che il Doge fu insignito dal Papa dell' onorificenza della Rosa d'oro per motivi particolarmente virtuosi.
Cessato il pericolo del Sultano turco sul mare si fecero sempre più aggressivi i pirati dei piccoli regni arabi del Nord Africa che ostacolavano i commerci delle nazioni europee e veneziane. All' inizio si risolse la questione con pagamenti e trattati con il Bey di Tripoli, Tunisi ed Algeri ma continuando le azioni piratesche, Venezia decise di mandare alcune navi al comando di Angelo Emo per chiudere la questione. Dopo aver bombardato la città di Susa e di Sfax costrinse il Bey a accosentire ad un altro accordo, non avendoVenezia la forza sufficente a chiedere di più. Emo, disilluso e provato nel fisico si ritirò a Malta dove morì. Il suo corpo imbalsamato ricevette gli onori del Cavalieri di Malta e rientrato a Venezia ebbe un grandioso funerale quasi un preludio a quello della Serenissima.
Nello stesso anno 1792 che moriva Emo, il popolo francese dava inizio alla Rivoluzione i cui ideali di libertà, uguaglianza, fraternità sconvolsero alle radici le vecchie Monarchie assolute europee. L'artefice di questa nuova Europa che ben difficilmente Venezia avrebbe potuto ignorare era Napoleone Buonaparte. Venuto meno il suo ruolo nel Mediterraneo, la Serenissima doveva ormai cedere il posto ad altre potenze. Pur consapevole della sua gloriosa storia si vedeva ormai emarginata dai grandi avvenimenti europei e chiudendosi a riccio, cercò rifugio in una innaturale neutralità nel turbinio degli eventi che le saranno fatali. Come le altre monarchie europee anche Venezia aveva da temere dalle nuove idee pur essendo una Repubblica ma con un governo oligarchico che di democratico aveva ben poco. Questo tipo di governo fu la sua forza e stabilità nell' arco di 10 secoli ma le fu fatale nell' ultimo. Incapace di rinnovarsi e di esprimere qualcosa di nuovo, la classe politica veneziana aveva ormai ben poco da dire e da rappresentare se non sé stessa. Il suo ultimo Doge Lodovico Manin fu il perfetto rappresentante di questa aristocrazia imbalsamata incapace di reagire. Mentre tutte le potenze europee facevano fronte comune contro la minaccia francese, pur invitata ad entrare nell' Alleanza, Venezia intimorita continuava a dichiararsi neutrale ed incredibilmente dimostrò qualche simpatia per il governo rivoluzionario francese allontanando dalla città il fratello del Re ghigliottinato, Luigi conte di Provenza che sperava di trovare rifugio nella neutrale Venezia. Ma restar fuori era impossibile dal momento che la vicina Austria Imperiale era nel 1796 in guerra aperta con la Francia di Napoleone le cui truppe avevano già occupato la Lombardia con Milano e buona parte del territorio veneto. Mentre a Verona ed in altre località venete, nel Tirolo ed in Dalmazia, ci fu resistenza popolare alle truppe francesi, il Doge nel suo palazzo non reagiva. Il 29 Aprile intanto a Venezia si riuniva per l'ultima volta il Senato ed il Doge convocò per il giorno seguente il Maggior Consiglio, ma le truppe francesi erano già alle porte di Venezia . Napoleone dichiarò ufficialmente guerra alla Repubblica e 3000 soldati francesi entrarono in città prendendo in consegna l'Arsenale, la Flotta, il Palazzo Ducale e la Zecca dando corso alla più grande rapina del secolo: capolavori di artisti famosi vennero asportati e mandati in Francia, e senza riguardo per nessuno, oggetti preziosi sacri e profani furono fusi per ricavarne oro e argento tanto necessari a Napoleone. In piazza San Marco venne eretto l'albero della libertà ed il popolo elesse i suoi rappresentati nel governo provvisorio. Il 12 maggio si riunì per l'ultima volta il Maggior Consiglio mentre all' esterno fu sparata una salva di fucileria dalle fidate guarnigioni dalmate che lasciavano Venezia, che mal interpretata affrettò la decisione degli impauriti membri di approvare la mozione napoleonica, per poi dileguarsi al più presto lasciando solo il Doge che, consegnate le insegne ducali al proprio cameriere, disse solo queste parole " Tolè queste non le dopero più ". Nella piazza intanto gli animi si riscaldavano tra chi gridava " Viva S. Marco" e chi gridava " Viva la Libertà "e si arrivò al tumulto che un nobile Bernardino Renier dislocando numerosi cannoni e uomini nella città riuscì a sedare. Il 18 Aprile 1797 a Eckenwald , Napoleone e l'Austria avevano deciso di chiudere la partita concordando che Venezia ed i suoi territori compresa l'Istria e la Dalmazia andavano all' Austria che cedeva ai Francesi la Lombardia ed il Belgio, il tutto ratificato a Campoformio sei mesi dopo. Napoleone a parole prometteva la libertà, nei fatti invece la toglieva. Così finiva tristemente senza gloria e senza infamia dopo 1000 anni la Repubblica di Venezia, il più antico Stato Italiano.
Tratto da Storia Veneta- Scripta Edizioni.-Via Zara 15 -Costabissara - VI- Petrini Sante.

Questo e' il discorso fatto dal conte Viscovich ai Perastini nell'agosto 1797.
Testo dal quale Luciano Brunelli ha tratto spunto per la canzone Perasto 1797.
Silvana Dal Cero
LA RESA DI PERASTO

23 Agosto 1797
Nonostante la caduta della Città e della Repubblica, alcuni capo-saldi continuarono a resistere per alcuni mesi cercando inutilmente di mantenere in vita la fiamma della Serenissima. Nell'agosto del 1797, l'ultimo baluardo di Venezia, a Perasto, è costretto a cedere: il comandante del dominio, nell'ammainare la bandiera della Serenissima, pronunciò un celebre discorso rimasto come una sorta di testamento per le future generazioni rappresentate dal giovane nipote Annibale.
In sto amaro momento, in sto ultimo sfogo de amor, de fede al Veneto Serenissimo Dominio - el Gonfalon della Serenissima Repubblica - ne sta de conforto, o cittadini, che la nostra condotta passada che quela de sti ultimi tempi rende più giusto sto atto fatal ma virtuoso, ma doveroso per mi.
Savarà da mi i vostri fìoi e la storia del zorno farà saver a tutta l'Europa che Perasto ha degnamente sostenudo fino all'ultimo l'onor del Veneto Gonfalon - onorandolo co sto atto solenne e deponendolo bagna del nostro universal amarissimo pianto.
Sfoghemose, cittadini, sfoghemose! Ma in sti nostri ultimi sentimenti coi quali sigilemo la nostra gloriosa carriera corsa soto al Serenissimo Veneto Governo rivolgemose verso sta insegna che lo rappresenta e su esso sfoghemo el nostro dolor.
Per 377 anni la nostra fede - el nostro valor t’ha sempre custodio per mar dove n'ha ciamà i to nemici.
Per 377 anni le nostre sostanze, el nostro sangue, le nostre vite xe stae sempre per ti e felicissimi savemo reputa:
TI CON NU - NU CON TI
Semo stai sempre vittoriosi - sempre illustri e virtuosi.
Nessun con Ti n'ha visto scampar
Nissun con Ti n'ha visto vinti e paurosi
Se i tempi infelicissimi per imprevidenza - per dissension - per arbitri illegali - per vizi offendenti la natura e el gius de le genti non avesse ti tolto dall'Italia - per Ti in perpetuo sarave stae le nostre sostanze - el sangue - la nostra vita e piuttosto che vederte vinta e desonorà dai toi se averave sepelio soto de Ti.
Ma za che altro non ne resta da far de Ti, el nostro cor sia l'onorarissima to tomba e el più grande To elogio, le nostre lacrime.
INSENOCITE ANCA TI, ANNIBALE,
E TIENTELA A MENTE PER TUTTA LA VITA

Conte Giuseppe Viscovich
Capitano di Perasto
Solo nel 1848 il Leone di San Marco tornerà a sventolare sulla città durante il drammatico assedio austriaco e pur bombardata incessantemente dal nemico ed in preda alla pestilenza e alla fame, fu l'ultima città italiana guidata da Daniele Manin a cedere. Lo ricordano per sempre i famosi versi: il Morbo infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca. Per il futuro che il Leone di S. Marco, simbolo della nostra storia,
continui a sventolare sempre.





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Sante Petrini


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